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SYBARIS TOUR - Agenzia
di Viaggi - Tour.
TOUR LETTERARIO.
- Tra
Mito e Realtà.
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La Calabria è
una penisola nella penisola tutta protesa nel mare. Ha circa
800 km. di costa: da Praia a Mare a Reggio Calabria lungo
il Tirreno e da Reggio Calabria a Rocca Imperiale lungo lo
Jonio.
I Greci chiamavano l'attuale Calabria Brettia, da Bretto figlio
di Ercole. I Romani tradussero questo nome in Bruzio, e da
allora fu chiamata Bruzio fino all'epoca bizantina. In antico
la Calabria fu abitata da Morgheti, da Coni, da Enotri e da
Itali. Questi ultimi due popoli le diedero, i primi, il nome
di Enotria; più tardi, i secondi, le diedero il nome
Italia che in seguito fu esteso a tutta la penisola. Se dovessi
guidare un amico desideroso di conoscere la mia regione, fisserei
su un foglio di carta un itinerario ben dettagliato di luoghi
da visitare. La prima sosta, scendendo dal Nord, la farei
a Cosenza. Comincerei dal Duomo che è del secolo XII-XIII
e che custodisce la magnifica tomba di isabella d'Aragona,
regina di Francia. Salirei in cima all'antica città
per dare un'occhiata al castello di origine arabo-normanna
e per ammirare il vasto paesaggio: il Crati che secondo la
leggenda custodisce la tomba di Alarico, la moderna città
in espansione. Parlerei al mio amico straniero dell'accademia
telesiana e di Telesio e del fatto che a Cosenza la tradizione
filosofica e culturale è sempre viva e fiorente. Gli
spiegherei inoltre come Telesio sia il più importante
e "nuovo" filosofo del Rinascimento, essendo stato
il primo a distaccarsi dal pensiero dogmatico di Aristotele
che aveva dominato per secoli la cultura di tutto l'occidente.
Gli direi che con l'opera di Telesio si comincia a capire
che i fenomeni della natura vanno esaminati e spiegati con
rigore scientifico e che non si possono formulare ipotesi
campate in aria, come del resto fu provato scientificamente
in seguito da Galileo Galilei con le sue ricerche ed i suoi
esami. Parlando di questo, visiteremmo Rende, un comune quasi
attaccato a Cosenza, il cui vecchio centro è di una
sorprendente bellezza per i suoi palazzi, le sue piazze e
le sue strade linde.
Dopo questa visita sorgerebbe un problema per proseguire il
viaggio. Ci sono due vie da percorrere: attraversare la Sila
Grande e arrivare a Sibari e a Crotone e poi a Reggio Calabria
lungo la costa ionica; oppure scendere giù a Lamezia
Terme e percorrere la tirrenica. La scelta cade su questo
secondo itinerario.
La piana di Lamezia Terme è un mare di verde con sullo
sfondo il Tirreno. Grandi piantagioni di aranci e di olivi,
estesi vigneti e campi coltivati a fragoleti e tanti pozzi
artesiani che irrigano l'ampia pianura. Qui veramente l'uomo
fa sentire il suo dominio sulla natura, attrezzato com'è
di macchine moderne e sorretto dai più aggiornati metodi
d'agronomia.
I villaggi lungo la costa si susseguono; il paesaggio muta
in pochi chilometri. La luce è vivida, i colori sono
forti. A Pizzo e a Tropea si resta folgorati per la bellezza
del paesaggio. Si è come assaliti da una spinta folle
di spiccare il volo nell'infinito, tanto l'animo si apre a
qualcosa che non afferri ma che ti domina. Lo splendore del
cielo terso e del mare trasparente, il verde argenteo delle
colline coperte di boschi d'olivi giganti ti inebriano. Le
isole Eolie ti stanno davanti come un cumulo di nubi raso
terra. Tropea è incastonata in questo spettacolo della
natura. Un luogo gradito dai turisti e per il suo mare ancora
pulito e per la bellezza delle strade e dei palazzi , del
Duomo, e per la civile ospitalità della gente. La vita
ferve d'estate. Anche qui a Tropea faccio una piccola lezione
al mio amico. Lo informo che è il paese natio di un
noto filosofo fra i più acuti studiosi di Kant del
secolo scorso e cioè il "barone" Pasquale
Galluppi. Da Tropea in poco tempo si arriva a Nicotera. Qui
dal castello si domina un paesaggio impareggiabile. Si ha
sotto gli occhi un angolo della Sicilia e una vasta pianura,
chiamata, con appropriazione, La perla del Tirreno. Una distesa
paradisiaca da Nicotera a Rosarno a Palmi fino a Gioia Tauro
coperta di aranceti e frutteti e colline ammantate d'oliveti.
Da Nicotera s'arriva alla suggestiva Palmi, patria del più
grande e noto musicista calabrese, Francesco Cilea. I paesi
da Palmi a Scilla sono tanti lungo la costa e in collina.
Il mare è sempre presente alla nostra destra e dall'altra
parte sta il dorsale azzurro e saldo dell'Aspromonte che sembra
invitarci a salire per dare uno sguardo da lassù. Arriviamo
invece a Scilla. Il suo castello fa bella vista da lontano
. Dalla piazza centrale si gode lo spettacolo, unico e incomparabile,
dello stretto di Reggio e Messina. Cariddi è a un tiro
di schioppo. Lo stretto è solcato da navi e pescherecci.
A pensarci non si può non provare un sussulto. Eh,
sì! Quello è un luogo sacro, eternato dalla
più alta poesia del mondo. Nella geografia dell'Odissea,
nel viaggio di Ulisse quello è un punto cruciale. Scilla
e Cariddi facevano venire i brividi all'avventuroso Ulisse.
Goethe, nel suo Viaggio in Italia, scrive che non si può
capire Omero se non si arriva al Sud. Anche il mio amico straniero
afferma la stessa cosa, mentre guarda come attonito intorno.
A Scilla, anzi da lì o più in giù, comprese
le belle isole Eolie sempre visibili, si è in piena
geografia del mondo poetico dell'Odissea. A salire sul castello
di Scilla si avverte un senso travolgente d'immenso e di mistero.
Il mistero delle sirene, l'angoscia per il mostro Scilla che
latra come una cagna con le sue sei teste e che divora coloro
che transitano per lo stretto. Il canto delle sirene è
una trasfigurazione poetica; ma il suono, o il rumore che
sale dal mare, è reale. Lo spiegano i pescatori del
porticciolo di Scilla che sta, visto dal castello, laggiù
come il fondo di un pozzo. Essi raccontano: "In antico
si aveva credenza che ci fossero le sirene e i mostri che
divoravano i pescatori. Quel rumore che sembra un canto lamentoso
niente altro è che il flusso e riflusso dell'acqua
del mare che entra ed esce dalle grotte che si trovano alla
base della roccia su cui sorge l'odierna Scilla. Nell'entrare
e nell'uscire da quelle immense caverne l'acqua provoca rimbombi
che sembrano dei suoni profondi, lontani e misteriosi".
Abbiamo imparato una cosa importante che allora Ulisse non
poteva sapere; che neanche la maga Circe conosceva….
Eh, sì! Scilla è un luogo di miti. È
un punto d'incontri e di scontri, di opposti e di leggende
dove scorre il fiume più ampio e travolgente che esiste
sulla faccia della terra: la corrente dello stretto, serena
e solenne, ma a giorni impetuosa da far paura anche alle grandi
navi dei nostri tempi. Dipende dai venti liberati da Eolo
che abita lì vicino.
A pochi chilometri sorge Reggio Calabria. Antichissima città
distrutta negli ultimi mille anni ben quattro volte da violenti
terremoti. Dell'antica città dunque resta poco: i ruderi
delle mura romane lungo la via Marina e il castello aragonese.
Eppure chissà quante opere furono realizzate ai tempi
in cui vivevano scultori come Learco, Nearco e Pytagoras.
Reggio è una città luminosa, aperta a spazi
vasti. Il suo museo è un gioiello raro, non solo per
i celeberrimi bronzi di Riace . E' un capolavoro la testa
del filosofo rinvenuta anni fa a Porticello presso Villa S.
Giovanni. Una testa di pensatore tutto calato dentro il suo
essere e che non ha nulla da invidiare alla bellezza assoluta
dei guerrieri che le stanno davanti. A parte queste tre opere,
vi sono statue fittili non meno affascinanti. Ricordiamone
una per tutte: Gruppo fittile con cavaliere su sfinge; e inoltre
sono da ammirare, e si rimane come attoniti, i Pinakes, le
tavolette votive di terracotta rinvenute negli scavi di Locri.
Esse rappresentano in delicato e poetico rilievo scene relative
al mito di Demetra e Persefone. Ma Reggio Calabria non è
tutta qui. Dalle colline coltivate a vigneti, lo stretto,
Scilla e Cariddi e la campagna intorno alla città ricca
di agrumeti e di ortaggi compongono un insieme unico che il
visitatore non può perdersi, non deve perdersi. Il
viaggio prosegue lungo la costa ionica verso Catanzaro. Il
mare sta a destra come un immenso occhio che controlla; dall'altro
lato ci sono le colline di nuda marna e i giardini di un raro
agrume. Siamo infatti nella terra del bergamotto, da Reggio
a Bova Marina. Solo in quest'assolato lembo di terra, bruciato
dal vento di scirocco, alligna questa pianta pregiata, unica
nel mondo intiero. Altro mistero della terra di Calabria….
A Bova Marina si può svoltare a sinistra e salire sull'Aspromonte
meridionale. Si sale per una strada a curve e il paesaggio
a ogni chilometro diventa sempre più smisurato. Di
là dal mare l'Etna si staglia superbo col suo pennacchio
di fumo. La Sicilia è come una nube azzurra davanti,
benché illuminata dal sole …E ancora una volta
ritornano in mente Ulisse e le vacche del sole e Polifemo.
L'Aspromonte è terribilmente silenzioso, I suoi boschi
di pini raccontano di cose antiche. Un tempo, fino a trent'anni
fa, questi luoghi erano animati da pastori e da vaccari. L'occhio
spazia. Cime di monti, valli profonde, e qualche paese arroccato
in un costone. Ce ne sono tre: Roghudi, Roccaforte, Gallicianò.
In questi tre villaggi non si parla il dialetto calabrese,
ma un dialetto greco che tutti gli altri calabresi non capiscono.
il loro è un dialetto che, secondo Gerhard Rohlfs,
noto glottologo e filologo tedesco, è quanto di più
puro resta dell'antica lingua greca. Si ritorna sulla statale,
dopo aver dato un fugace sguardo a Pentidattilo, paese surreale
calato fra i costoni di un'altura a cinque punte. Presto si
arriva a Capo Spartivento. Il punto più estremo dell'Italia
e dell'Europa continentale. Dall'altra parte c'è l'Africa.
Ci addentriamo così nelle zone più famose della
Magna Grecia, culla di quella grande cultura che aveva fatto
di Locri e soprattutto di Crotone e di Sibari il centro più
evoluto del mondo civile. Ora non rimane nulla, o qualche
raro frammento, di quella luminosa civiltà sepolta
da maremoti, terremoti, alluvioni e anche dalla negligenza
e scarsa lungimiranza dell'uomo. Thurio, dove mori' Erodoto,
Posidonia, Acherontea, Potamia, l'odierna San Luca (che diede
i natali a Corrado Alvaro), Samo (che è la mia terra),
Locri, Caulonia, Crotone, Sibari non sono che nomi. Di alcune
di queste gloriose città è perfino problematico
ubicarne il sito. A Sibari e a Locri sono stati compiuti degli
scavi, Il più però resta ancora da scoprire.
Da alcuni anni a Locri è sorto l'Antiquarium che finalmente
è riuscito a raccogliere molto materiale di grande
importanza. Della città antica si possono ammirare:
il basamento del tempio ionico di Marasà, il teatro
che ha un'acustica perfetta, la necropoli degli specchi, il
tempio di casa Marafioti, il tempio di Atena. Intorno a questi
resti ci sono fichi, olivi, piantagioni di gelsomino. C'è
silenzio rotto dal fruscio delle onde del mare.
Si prova un profondo bisogno di raccoglimento e sorge spontanea
la domanda: come si svolgeva la vita dei locresi al tempo
di Zaleuco, il primo legislatore dell'occidente? Come si comportavano
i locresi all'epoca di Timeo, il caro amico di Platone e del
pitagorico Filolao? Filolao di Crotone fu il primo a concepire
la teoria eliocentrica, teoria di cui oltre duemila anni dopo
Galileo dava dimostrazione. Fu per intercessione di Timeo
che a Locri Platone riuscì ad acquistare da Filolao
i testi pitagorici ritenuti segreti e sacri e dei quali Platone
andava ansiosamente àlla ricerca. Fu qui a Locri che
Timeo argomentò per primo sulle tre anime che regolano
le attività psichiche e intellettive di ogni individuo,
anticipando di venticinque secoli Freud.
Discorrendo di queste cose con l'amico straniero e pervasi
da un senso di religioso rispetto per il luogo visitato, imbocchiamo
la strada che dalla moderna Locri conduce a Gerace. Gerace,
come Orvieto, sorge su una rupe di tufo. Il paesaggio è
proprio sconfinato. La vasta pianura della Locride e il mare
da Capo Spartivento a Punta Stilo ci stanno sotto gli occhi.
Gli agrumeti, i campi di gelsomino, il massiccio dell'Aspromonte,
lo Jonio color del vino sotto i riflessi del sole. A Gerace
c'è la più bella e solenne cattedrale della
Calabria consacrata nel 1040 e che avrà certo fatto
da modello a diverse basiliche sorte dappertutto in Italia.
È un'opera di grande respiro architettonico costruita
in gran parte con materiale ricavato dagli antichi templi
di Locri. Gerace è un gioiello, certo il più
suggestivo di tutta la Calabria. Chi la visita per la prima
volta prova stupore e sorpresa per la bellezza dei palazzi
nobiliari, per la chiesa di S. Francesco, per le piccole superbe
viuzze silenziose e per le rovine del castello normanno-aragonese
che sorge in vetta alla città da dove si gode uno dei
panorami più incantevoli d'ltalia. Riprendiamo il cammino
e arriviamo a Stilo, paese "piantato" a gradinate
lungo le pendici di un monte solenne con una splendida vista
sul mare. Stilo è considerata la patria di Tommaso
Campanella, autore della "Città del sole",
uno dei più grandi filosofi dell'evo moderno. Ci fermiamo
soprattutto per ammirare la famosa Cattolica, una cattedrale
in miniatura, un gioiello dell'arte bizantina che suggestiona
per la sua rarità architettonica.
Subito dopo a Monasterace, sempre discorrendo della Calabria
e della sua storia e della sua gente, imbocchiamo la provinciale
per raggiungere Serra San Bruno. Ci interessa visitare la
Certosa fondata da San Brunone di Colonia calato a sud d'Europa
nel 1090. Ma a parte l'interesse per la Certosa, qui siamo
colpiti dalla natura del luogo, con i suoi boschi e la sua
terra alberata e fertile. Ci sembra quasi di aver cambiato
regione, di non essere più nella Calabria della costa
ionica, un po' aspra e a tratti arida, insidiata dalle fiumare
e come oppressa dal massiccio incombente dell'Aspromonte.
Si ha la sensazione piuttosto di essere in Toscana. Si ha
la sensazione di essere in Toscana in tutto l'altopiano che
comprende gran parte della provincia di Catanzaro. Ci sono
magnifici paesi turistici come Soveria Mannelli, Tiriolo,
Chiaravalle, Squillace patria di Cassiodoro. Mi viene in mente
di raccontare al mio amico di una tesi seducente. Uno studioso
tedesco sostiene che Tiriolo sia l'antica sede dei Feaci.
Sì, proprio dei Feaci. Si vuole che Ulisse fu visto
da Nausica sulle rive del fiume Amato che sbocca nel golfo
di Santa Eufemia. Da Tiriolo si vedono i due mari e i due
golfi: quello di Santa Eufemia nel mar Tirreno e quello di
Squillace nel mare Jonio. In base a questo dato lo studioso
tedesco sostiene che questa è la patria del civilissimo
popolo. Da qui infatti i saggi Feaci, dopo aver capito dal
racconto di Ulisse l'errore di navigazione, avrebbero condotto
l'eroe a Squillace e lo avrebbero imbarcato per ltaca. Anche
noi scendiamo giù al mare, per riprendere la statale.
Ci soffermiamo alla Roccelletta, situata nel territorio dove
sorgeva l'antica Squillace. La Roccelletta è una zona
archeologica. C'è chi sostiene che lì ci sono
i resti sotterrati di una piccola Pompei. Dell'antica Squillace
romana si sa poco, se ne vede qualche segno come il suggestivo
anfiteatro venuto di recente alla luce. Lo stesso vale per
Crotone. Di Crotone, che ai tempi di Pitagora fu la più
importante città d'Europa, non resta che una colonna
del tempio di Hera Lacinia e pochi, ma splendidi, reperti
custoditi nel piccolo museo cittadino. 11 resto è sepolto.
Eppure, racconto al mio compagno di viaggio, in questa città
fiorì la prima scuola di medicina del mondo. A Crotone
sei secoli prima di Cristo Alcmeone sezionò l'occhio,
l'orecchio, il cervello, il midollo spinale. A Crotone, come
narra Erodoto, Dario il Grande fece cercare il valente e famoso
chirurgo Democede, perché operasse e curasse l'imperatrice
Atassa. Democede operò la moglie del re dei re e la
fece guarire. A Crotone, con Pitagora sorse la prima scuola
filosofico-scientifica, di cui oggi si fa tanto sfoggio. Non
si parla infatti che di filosofia delle scienze ... E i pensatori
di quel lontano passato parlarono della "monade"
come principio di tutto, e sostennero, anticipando il pensiero
contemporaneo (Bergson e altri) che la conoscenza è
percettiva. Svilupparono la geometria e affermarono che tutte
le cose contengono un numero in sé. Come dire che il
linguaggio segreto del creato sta tutto racchiuso nei numeri.
Ora i segni di tanta luce (chi sa quanti bronzi belli come
quelli di Riace stanno sepolti sotto un alto strato di fango
pietrificato!) sono scomparsi; ma solo quelli esteriori. A
stare attenti ci si accorge che son rimasti ben vivi quelli
interiori. Sono radicati dentro la mente, nel comportamento,
nell'inconscio collettivo della gente di Calabria. Rimangono
nel dialetto che è una lingua composita e di struttura
classica, nei costumi, nei modi civili e ospitali che sorprendono
il forestiero; sono presenti nella religiosità, nella
cultura popolare (favole, canti, filastrocche, proverbi),
nell'interpretazione dei sogni che per gli umili rimangono
ancora messaggi dei santi (degli dèi) e dei morti.
Mentre faccio queste considerazioni l'automobile corre veloce
lungo la strada. Attraversiamo Rossano, paese ricco di memoria
storica e di monumenti (il Codice Purpureo, S. Nilo, Santa
Maria del Pàtir); Corigliano Calabro con il suo imponente
castello dalle quattro torri merlate, ornato da elementi durazzesco-aragonesi;
Cassano con le sue terme sibarite e i ruderi di un antico
maniero sulla rupe detta Pietra del Castello. Giungiamo infine
a Cerchiara di Calabria dopo aver percorso una panoramica
strada in salita. Da qui proseguiamo per il Santuario della
Madonna delle Armi incastonato sulle pendici del Sellaro,
ultima propaggine montuosa del Pollino sullo Jonio.
Restiamo incantati nell'ammirare dalle arcate dell'antico
monastero l'immensa valle, quella di Sibari, che evoca splendori
e mitici domini. Con gli occhi puntati su orizzonti infiniti
e la mente rivolta ad epoche lontane, ci dirigiamo verso Castrovillari.
Uno sguardo al castello costruito per ordine di Ferdinando
I d'Aragona ed eccoci a Morano Calabro, delizioso antico paese
calato quasi per volere divino su un monte appuntito.
La strada continua con vedute belle e suggestive fino ad Altomonte
dove si può ammirare una chiesa imponente, Santa Maria
della Consolazione, raro gioiello di gotico calabrese. Ci
lasciamo alle spalle questo lindo paese della Calabria citeriore
così ben curato e ci dirigiamo verso Catanzaro.
"La tua terra è la più bella che mi sia
capitato di visitare finora…. dice il mio compagno di
viaggio… e dire che ero convinto di vedere paesaggi
selvaggi e gente primitiva… Siete riflessivi, pensatori.
La vostra ospitalità è il segno di quell'antica
civiltà di cui siete a buon diritto gli eredi…
Mi inorgoglisco per le sue parole che mi suonano sincere e
mi si affaccia spontaneo alla mente uno scritto di Vico: "Quando
Roma era un villaggio di pastori, a Crotone insegnava Pitagora".
Intanto, così discorrendo ci rendiamo conto di essere
nelle vicinanze di Catanzaro. Infatti, dopo un lungo tunnel
la città dei tre colli ci appare in alto incorniciata
dall'arcata di un ardito ponte. D'un tratto nella mia mente
ritornano le parole di George Gissing, viaggiatore inglese
che verso la fine dell'ottocento visitò la città:
"Una sera passai un'ora nel primo caffè di Catanzaro….
Il tono della conversazione era incomparabilmente più
elevato di quello che dominerebbe in un gruppo di provinciali
inglesi riuniti per trascorrere le ore libere della serata.
Conversavano nel vero senso della parola…. Quegli uomini
si scambiavano veri pensieri e ragionavano lucidamente….
No, non si tratta solo della differenza fra il rude anglosassone
e una lingua di origine classica; vi è una radicale
distinzione di pensiero. Questa gente ha un rispetto innato
per le cose dello spirito, che manca totalmente nell'inglese
tipico… In Inghilterra sono uscito da molti bar oppresso
dal tedio e dal disgusto; quel caffè di Catanzaro sembrava
in confronto un'assemblea di saggi e di filosofi".
E mentre ripeto al mio amico straniero il pensiero di George
Gissing struggente mi assale la nostalgia del tempo trascorso
a Catanzaro dal 1947 alla fine del 1949. Allora l'antica città
bizantina era calda di voci, ricca di odori, di profumi e
di vita. Di tanta vita. Le sue vecchie strade sempre animate,
il Corso sempre affollatissimo specie di sera e la gente operosa,
vivace, cordiale, intelligentissima esercitavano su di me
un fascino che non dimenticherò mai.
Saverio Strati
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